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Coworking: il lavoro che cambia

Nel mondo del lavoro è in atto una vera e propria rivoluzione: cambiano gli strumenti, ma anche le persone e i luoghi. È sulla scia di questo cambiamento, che si diffonde sempre di più il fenomeno del coworking.

Secondo una stima riportata su Forbes, rivista americana di economia e finanza, entro il 2020 quasi la metà della forza lavoro sarà costituita da freelance.

Le ragioni di questa tendenza sono molteplici e sono da ricondurre alla globalizzazione dell’economia, alla sempre crescente digitalizzazione del lavoro e alla disponibilità di nuove tecnologie che permettono di lavorare da qualsiasi luogo.

Quella che stiamo vivendo è dunque l’era dello smart-working, il cosiddetto “lavoro agile“: orari di lavoro flessibili per i lavoratori che gestiscono autonomamente il proprio tempo e costi più contenuti per le aziende che decidono di avvalersi della collaborazione di freelance.

In questo contesto trova terreno fertile il coworking, uno spazio di lavoro condiviso pensato per accogliere tutti coloro che vogliono unire la convenienza di abbattere i costi – condividendo spazi e risorse – e la necessità di lavorare in un ambiente dinamico e stimolante.

Coworking in Italia, a che punto siamo?

In Italia, il coworking fa la sua prima comparsanel 2008 dall’idea di due imprenditori milanesi di importare nel nostro Paese questo nuovo modo di lavorare.

Da quel momento il fenomeno del coworking si è diffuso rapidamente, interessando dapprima le grandi città – soprattutto del Nord Italia – per poi espandersi via via al resto del Paese.

Recentemente sono stati censiti oltre 300 spazi di coworking – un numero ridotto rispetto agli altri Paesi – ma che aumenta di anno in anno.

Ormai infatti, le potenzialità e i vantaggi del coworking sono sotto gli occhi di tutti: non si tratta solo di soddisfare l’esigenza di condividere un ufficio ma anche quella di creare nuove opportunità di business e di lavoro.

 

In un momento di forte crisi dove diventa sempre più urgente la necessità di reinventare se stessi e il proprio lavoro, il coworking può rappresentare una valida via d’uscita.

 

Sebbene la maggior parte dei coworker sia di fatto costituita da freelance e piccoli imprenditori, il coworking comincia ad attrarre a sé anche l’interesse di disoccupati e lavoratori dipendenti.

Proprio sulla base di questo principio, le amministrazioni pubbliche italiane hanno deciso di supportare il coworking  attraverso diverse misure:

  • finanziamento diretto per l’apertura di nuovi spazi;
  • sostegno ai coworker attraverso voucher individuali;
  • promozione di progetti per lo sviluppo locale e l’innovazione sociale tramite i coworking.

Si tratta dunque di un segnale forte da parte delle Istituzioni che non possono più ignorare l’importanza di sperimentare e sostenere nuove alternative per uscire da questa fase di forte smarrimento.

Le iniziative però, vengono soprattutto dal basso: piccole o grandi realtà messe in piedi da privati con la volontà di creare nuovi luoghi in cui dare spazio alla contaminazione e all’innovazione, in cui diventa possibile riappropriarsi di sé e del proprio territorio.

Sono moltissimi infatti, gli spazi di coworking nati dal riutilizzo di edifici dismessi pubblici e privati. Luoghi dimenticati e abbandonati per lungo tempo a se stessi che vengono riscoperti e riqualificati e in cui le persone disposte ad accogliere il cambiamento, possono ritrovarsi e costruire insieme le basi di proprio futuro.

A cambiare non è soltanto l’assetto economico e quello del lavoro, a cambiare sono soprattutto le persone e lo spirito del coworking – fatto di coraggio e passione – ne è l’esempio più evidente.